Auguri 2013

... quando alla sera si andava col "pntulin" a prendere il latte dalla Ste' o dalla Ionne
... quando si andava nei boschi a "scarvar" per pulirli prima della raccolta delle castagne
... la sera al "focolar" con i "bosetti" e la "filandera" che ci piovevano addosso
... quando si giocava sul piazzale a fuga "gallina e galetti" tenendoci per mano, eravamo in tanti e di tutte le età
... quando per S. Giovanni si facevano i fuochi divisi in rioni
... quando giocando a guardia e ladri si stava nascosti per lungo tempo dentro le capanne
... il freddo "d'la scola" e si doveva portare un "ciocc" di legno per la stufa
... quando si facevano fumare le "bodde" o un cerchio di fuoco intorno agli scorpioni che poi si pungevano
... a Natale la costruzione della lanterna con la carta velina, legnetti e una candela in mezzo, per rischiarare il Bambino
... quando si arrivava a Ugliano a dorso di un asino, e non c'era l'acqua e non c'era il gas e non c'era niente, ma c'era tanta gente che ci aspettava
... quando si "battea l'gran" nelle aie e i bimbi ci saltavano dentro
... quando si appendeva un'arringa in mezzo al tavolo e si toccava con la polenta per sentire il gusto
... 1952 l'arrivo del primo ping pong a Ugliano
... il nascondino serale a coppie, dove sbocciavano i primi amori
... le gare "col trottolon" lungo la via della foce
... le gare di tiro al polo (vivo) legato a un castagno con fucile da caccia
Carla Filippetti, Franco Schiaffino e Guido Spadoni
 
auguri 2013
natale 2013

Il trottolon

Vi riporto una conversazione con ho avuto su Facebook con Franco Schiaffino nella quale spiega molto bene il trottolon, gioco che veniva praticato ad Ugliano nella Via della Foce. 

Io: spiegami meglio il trottolon
 
Franco: Nacque con una forma di cacio stranamente vecchia e dura per cui immangiabile. Poi la stessa forma la si ricavò da un tronco di albero del diametro di circa 18/20 cm per una larghezza di 8 e si giocava lungo la via della foce. Allora era una strada fiancheggiata su entrambi i lati da palanchine che la delimitavano, ciò era fondamentale perchè il trottolon viaggiava lungo la strada e non volava fuori. Si tracciava una linea che non poteva essere superata come per le bocce, poi si girava uno spago due o tre volte intorno alla circonferenza del trottolon, si prendeva la rincorsa e si effettuava il lancio. Vinceva chi lo lanciava più lontano. In un secondo tempo si sostituì lo spago con una cintura o meglio ancora con la fettuccia delle persiane. Purtroppo oggi mancano le delimitazioni lungo le strade....
 
Io:lanciavano il trottolon srotolando lo spago e tenendolo in mano?
 
Franco: credo che se lo legassero al polso o facevano una specie di laccio perchè rimanesse legato alla mano e srotolasse meglio. Accorreva sempre tanta gente anche da fuori, come dai paesi vicini: venivano dei partecipanti. Il pubblico si accomodava sui poggi in alto perchè, a volte, il trottolon trovava degli ostacoli e s'impennava e diventava pericoloso.
 
Dejan (Andrea O.)
 

Ricordi di Natale

Quando ero bambino e vivevo a Ugliano, il mese di dicembre era, per me, il periodo più atteso dell’anno.
Forse perché non soffrivo ancora il freddo come lo soffro adesso, oppure perché, pescando nel cassetto dei ricordi, emergono i fatti e i sentimenti che più hanno segnato il nostro passato.
E’ per questo che voglio raccontare il mio dicembre di tanti anni fa.
Già ai primi giorni del mese le vette più alte dei monti circostanti erano imbiancate dalla neve che, pian piano, scendeva fino al paesello. Infatti una mattina, guardando dalla finestra, ho scoperto che i tetti rossi delle case erano diventati bianchi: nella notte era nevicato. Fu il risveglio più atteso e felice.
Una velocissima colazione e ..via, con la cartella sulle spalle verso la scuola (ogni scolaro doveva portare tutti i giorni invernali anche un pezzo di legna per riscaldare l’aula). Il tratto di strada era breve, ma io lo allungai più che potei, procedendo a zig-zag, come fanno le barche a vela quando vanno di bolina, perché calpestare la sofficissima neve appena caduta, per un bambino, è una cosa bellissima anche in città, ma farlo in un piccolo paese di montagna ti da una sensazione indescrivibile.
Il cielo era azzurro, limpidissimo e il silenzio assoluto, ovattato, interrotto solo dal cinguettio dei passeri che si rincorrevano nell’aria frizzante, non so se felici anche loro o, probabilmente, preoccupati perché il terreno ricoperto non permetteva loro di trovare da mangiare.
Poi il ritorno a casa. La neve cominciava a sciogliersi sotto i raggi del tiepido sole; la cosa però agevolava la confezione delle “palle” per la tradizionale battaglia con gli amici.
Verso la metà del mese iniziava la preparazione del materiale necessario per la realizzazione del presepe: il muschio scelto nel bosco, le statuine di gesso colorate (la plastica non esisteva ancora), un piccolo ruscello finto (di stagnola), il fondale di carta con il cielo blu e le stelle disegnate. La capanna richiedeva l’aiuto del papà perché era la “cosa” più importante, da posizionare in primo piano. La Sacra Famiglia e l’Angelo erano gli   stessi, da sempre, perché ereditati dalla mamma; le pecorelle aumentavano di numero, ogni anno, come in un allevamento. L’impianto d’illuminazione era realizzato in modo molto  artigianale e il rischio incendio non preoccupava solo la nonna.
La vigilia di Natale era dedicata alla costruzione della “lanterna per far chiaro al Bambino che nasce”. Si trattava di incollare piccoli listelli di legno alla carta velina, in modo che formasse una lanterna, sul cui fondo si inseriva una candela da tenere accesa durante tutta la Messa di mezzanotte, stando attenti, questa era una gara tra bambini, che la candela non incendiasse la carta.
Dopo la Messa si tornava subito a casa per mangiare, a famiglia riunita, il tradizionale pane con le noci che la nonna aveva cotto nel forno a legna.
Il pranzo di Natale era quello dei giorni di festa. Nell’angolo della stanza c’era il presepe e un piccolo albero di ginepro che io prelevavo alcuni giorni prima nel bosco, e le mie sorelle addobbavano con ninnoli  confezionati da loro (non mancavano mai le noci ricoperte con la stagnola).
Io guardavo il Bambino appena nato posto nella mangiatoia, al centro del mio presepe, ed ero attratto da quelle piccole braccia allargate, come a voler abbracciare tutto il mondo intero. 
Molti anni dopo, la stessa sensazione l’ho provata, con grande commozione,  quando mi sono inginocchiato, per il solo breve tempo che era concesso, sul Luogo della “vera mangiatoia” di Betlemme, dove il nostro Salvatore fu deposto da Maria e Giuseppe.
Luigi Castagnoli
 

 

L ou d Pasqua

"Viva 'l verd, viva 'l pur, dem un ou cot a dur"

"Viva il verde, viva il puro, dammi un uovo cotto e duro" 

La mattina di Pasqua, uscendo di casa, bisognava ricordarsi di riempire le tasche di foglioline verdi perché facilmente si sarebbe incontrato qualcuno che ci salutava con questi versi. In risposta bisognava regalargli un qualcosa di "verde e puro",cioè una foglia, altrimenti si doveva pagare pegno donando un uovo sodo.

 

Pizz Pugnett

(tramandato da Guido Spadoni e Lea Venturini)

 Questa filastrocca era canterellata dai ragazzi che partecipavano ad un gioco. I vari giocatori dovevano mettere i pugni uno sopra l'altro mentre un altro, rimasto fuori, pizzicava  cantando la filastrocca, e il primo che parlava o rideva faceva penitenza.

Pizz pizz pugnett,

Chi l'ha magnata la sciungia?

'L gatt.

'L gatt dov' iggliè 'ndat?

Sott al lett.

'L lett chi l'ha brujat?

'L foc.

'L foc chi l'ha smorz?

L'acqua.

L'acqua chi l'ha bûta?

'L bô.

'L bô dov' iggliè 'ndat?

A som-nar 'l panic.

'L panic chi l'ha magnat?

La pass-ra.

La pass-ra dov' llè 'ndata?

P-r cel, p-r mar e p-r têra

e il prim chi parl-ra i son-rem la campanella.   

Pizzica pizzica il pugnetto,

chi l'ha mangiato il grasso di maiale?

Il gatto.

Il gatto dove è andato?

Sotto al letto.

Il letto chi l'ha bruciato?

Il fuoco.

Il fuoco chi l'ha spento?

L'acqua.

L'acqua chi l'ha bevuta?

Il bue.

Il bue dove è andato?

A seminar il grano.

Il grano chi l'ha mangiato?

Il passero.

Il passero dove è andato?

Per cielo, per mare e per terra

e il primo che parla gli suoniamo la campanella.

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